Perché a volte è difficile meditare?

Oct 23 / Cristiano

Perché a volte è difficile meditare?

Ecco due approcci sbagliati che potresti provare a correggere

Quando ci cimentiamo con la meditazione, quale che sia la disciplina che abbiamo scelta, ci accorgiamo di alcuni aspetti e sfumature di noi che, forse, nemmeno contemplavamo all’inizio della pratica.

Intendo dire che nel silenzio dell’ascolto ci può capitare di entrare in contatto con emozioni, ricordi e immagini che potrebbero anche sorprenderci. In altri casi potremmo invece spazientirci perché abbiamo la sensazione che queste “distrazioni” ci stiano effettivamente distogliendo dalla nostra pratica meditativa. Insomma, siccome ci distraiamo, abbiamo la percezione che la nostra meditazione stia “fallendo”.


Proviamo a utilizzare due esempi per comprendere cosa potrebbe accadere quando ci sediamo nel silenzio della meditazione.


1) Non ci riusciamo, meditare sembra impossibile. E cosa vorrà poi dire, in effetti, meditare?

Abbiamo iniziato la nostra pratica e ci accorgiamo che non riusciamo a rimanere concentrati e focalizzati. Magari stiamo tentando di applicare una qualche tecnica e ci accorgiamo che la nostra mente sta invece intrattenendosi con tutt’altro.

Quindi che cosa facciamo? Tipicamente cerchiamo di scacciare i pensieri e di continuare nel nostro intento. Nel caso continuassimo a non riuscire, però, potremmo infine decidere che non è la giornata giusta e abbandonare la pratica oppure, peggio, cominciare a spazientirci forzando una modalità di pratica che non può essere attuata in quel momento (ci costringiamo cioè a scacciare le distrazioni, a cambiare di continuo posizione o magari tecnica e via dicendo).

Oppure, alla fine, possiamo decidere di far finta che non stia accadendo quello che invece sta accadendo. Ci stampiamo un bel sorriso in faccia e facciamo finta che la nostra meditazione vada a gonfie vele.

Quest’ultima eventualità potrebbe forse sorprendervi, ma l’ho visto accadere diverse volte. Le ragioni sono differenti e tutte assolutamente umane e comprensibili, ma questo è forse l’errore più insidioso che potreste commettere.


Quello su cui voglio mettervi in guardia riguarda il rischio di scegliere la strada del “facciamo come se…”. Facciamo come se fossi felice e sorridente e non incavolato perché non riesco a praticare.

Facciamo come se non ci fossero realmente queste distrazioni e io fossi perfettamente calato nella mia meditazione.

Facciamo anche finta di non essere per nulla arrabbiato. Anche se magari poco fa mentre tornavo a casa ho quasi tirato giù dalla macchina quel cafone che mi ha preso a male parole tagliandomi la strada rischiando di causare un incidente.

Adesso mi siedo in meditazione e tutto magicamente scomparirà. Del resto non sono forse così bravo/a da coltivarmi “spiritualmente” con costanza e dedizione? Purtroppo o per fortuna non funziona così, lo sapete anche voi.

Ma perché dunque questo “Facciamo come se…” è ancora più dannoso di quanto potremmo immaginare di primo acchito e senza bisogno di scomodare la psicoanalisi? 

La ragione è che diamo un messaggio sbagliato alla nostra energia. Le suggeriamo di prendere una forma che non corrisponde a come realmente stiamo. È un po’ come quando un adulto è triste, affranto da problemi e preoccupato, ma sorride a un bimbo come se nulla fosse. Generalmente il bimbo se ne accorge subito e lo osserva sospettoso. 


Non solo è inutile fare finta, è anche dannoso perché continueremo a polarizzare un’energia che non corrisponde a come stanno le cose. Quando si parla di accettazione, ci si riferisce a questo, non a un’attitudine accomodante.

Quando meditiamo, necessariamente, proponiamo e portiamo con noi nella pratica quello che abbiamo dentro in quel momento. Per essere più precisi, gli permettiamo di palesarsi meglio. C’è più silenzio, siamo in ascolto e siamo quindi in grado di “distrarci” più consapevolmente (e a volte, ovviamente, anche più inconsapevolmente).

Al posto di osservare quello che accade (che generalmente se accade, accade per una valida ragione) cerchiamo a volte di interferire e di cambiare le cose. Cerchiamo di allontanare una comunicazione interna che è invece molto importante e non “ragionata”. A noi sembra una distrazione, ma in realtà si tratta di una comunicazione che il nostro sé sta palesando davanti ai nostri occhi e al nostro cuore.


Certo, direte voi, ci sono anche vere e proprie distrazioni “esterne” come pensieri che ci hanno magari accompagnati per tutto il giorno (per esempio un problema di lavoro, un problema familiare o una qualche preoccupazione di altro tipo) o magari rumori che non ci lasciano tranquilli (un martello pneumatico sotto casa, per esempio, non aiuterebbe) e che non ci permettono di meditare.


Avete quindi due scelte:

  1. Accettate che non si tratta di distrazioni ma di energia che dovete accogliere e lasciare mutare con il tempo che le sarà necessario, oppure
  2. Rinunciate e vi fate una bella passeggiata (soprattutto se il martello pneumatico diventa troppo insistente). Tornerete alla pratica in un altro momento e riproverete in condizioni forse migliori.


Così facendo aiuterete voi stessi a riequilibrare le polarità yin e yang che amministrano la vostra energia. E lo farete rispettando il vostro tempo e le vostre necessità.




2) La meditazione ci propone distrazioni difficili da interpretare

Stiamo meditando e ci accorgiamo di stare pensando a qualcosa di apparentemente non legato a noi. Un ricordo che ci pare lontanissimo, oppure una situazione che non ricordiamo di aver vissuto.

Come per esempio quando in un sogno vi trovate in luoghi sconosciuti, magari con persone sconosciute e magari anche voi stessi sembrate diversi. Siete voi ma non siete voi. Vi è mai capitato?

Queste situazioni all’interno della meditazione si rivelano generalmente preziose. Magari non subito, ma alla lunga risultano spesso più chiare di come parevano all’inizio.

Se avete ascoltato il breve video corso sulla Cosmologia Taoista sapete che il nostro Spirito Originario si è polarizzato nella materia più e più volte. Ogni volta con uno scopo preciso: sperimentare la vita terrena facendo tesoro di esperienze, relazioni, piaceri e dolori.

Senza bisogno di scomodare il Karma (ma anche su questo argomento potreste trovare utile questo video) ricordate che il nostro Spirito Originario trattiene dentro di sé numerose esperienze. Esperienze che provengono da vite “precedenti” ma ancora più probabilmente da numerose esperienze di vita simultanee e che sta sperimentando proprio ora.


Oggi siamo qui e siamo magari un impiegato/a, ma in una dimensione diversa abbiamo scelto una strada diversa diventando un pianista, un pittore o un imprenditore. Queste varie esperienze fanno tutte parte di noi, la nostra coscienza e il nostro Spirito Originario stanno dunque facendo esperienze diverse.

Potremmo dunque amare (ma certamente anche odiare) la vita d’ufficio o i rischi imprenditoriali, ma nel contempo desiderare di ascoltare un bravo pianista ogni qualvolta sia possibile. Oppure sentiamo da sempre che vorremmo imparare a suonare il pianoforte e/o ci commuoviamo quando visitiamo una mostra. Ci rendiamo conto che la vita attuale non ci ha magari consentito di seguire certe inclinazioni o passioni, ma che questi interessi sono comunque dentro di noi.

Tutte queste nostre personalità, però, risiedono nel bagaglio esperienziale del nostro Sé (Spirito) Originario. E continuano (continuiamo) a farne esperienza nel nostro “tempo” e nel nostro “spazio”. Il nostro Spirito Originario continua ad acquisire e accumulare esperienze e queste esperienze sono a disposizioni di tutte queste parti di noi. Non c’è un noi impiegato e un noi pianista. Ci sono entrambi, e contemporaneamente e rispettivamente si influenzano.


Quindi cosa implica tutto ciò rispetto al nostro discorso sulla meditazione?


Implica che quando meditiamo, a volte lasciamo spazio a queste altre parti di noi. Lasciamo loro un’opportunità di manifestarsi direttamente e di comunicarci qualcosa. Potremmo dire che un po’ di quella esperienza, consapevolezza e bagaglio emotivo diventano accessibili nel “qui e ora” della nostra meditazione. Un bagaglio che diventa fruibile anche dalla nostra personalità attuale che siede in meditazione. Oppure un bagaglio che necessità di essere “risolto”, un’energia che ha magari bisogno di riequilibrarsi e che si palesa qui e ora.

Il minimo che possiamo fare, dunque, è ascoltare attentamente. Cogliere sensazioni ed emozioni.

Si, soprattuto le emozioni. Sono queste, infatti, che ci permettono di comunicare in profondità con noi stessi.


Per concludere, dunque, in entrambi i casi descritti in questi esempi, torna l’importanza di imparare ad ascoltare. Dobbiamo avere la pazienza di osservare e allontanare il desiderio di dover fare chissà cosa. Impariamo ad ascoltare quello che abbiamo da dire.


La fregola di “agire” è tipica di chi si avvicina all’approccio taoista. I taoisti sono spesso un po’ pasticcioni e gli piace manipolare l’energia. Quando sanno bene cosa stanno facendo può a volte essere una buona cosa. Molto più spesso, però, si tratta di manipolazioni che non servono e che possono invece portarvi ancora di più nella polarità.


Imparate dunque ad ascoltare dentro di voi. Se vi fa un po’ paura, sorridetevi e rispettate i vostri tempi. Non c’è fretta. Perché non esistono né un prima né un dopo.

Solo un eterno momento presente.

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